TORNA SULLA SCENA NEI TEATRI DI MEZZO MONDO “UNO, NESSUNO E CENTOMILA”.
Quando ha accettato il ruolo e ha iniziato a studiare il copione era sicuro che non sarebbero andati oltre le dieci o dodici repliche e invece ha dovuto ricredersi. Enrico Lo Verso che a teatro indossa i panni di Vitangelo Moscarda, protagonista del romanzo “Uno, nessuno e centomila” (1926) di Luigi Pirandello, ha totalizzato fino ad ora trecento repliche e duecentomila spettatori. Da mesi il monologo omonimo sta girando l’Italia in lungo e in largo nei teatri più accreditati. È dato a sapere che i riflettori si accendono sulla trasposizione teatrale, firmata da Alessandra Pizzi, di uno dei più grandi romanzi del Novecento. Lo Verso, che con questo testo è tornato sul palcoscenico dopo 12 anni di assenza, dice che se questo fosse un trailer cinematografico, la scritta in sovrimpressione sarebbe: «Pirandello come non lo avete mai visto».
Perché questo omaggio a Luigi Pirandello?
«Alessandra Pizzi ha iniziato a lavorare a questo testo da ragazza, mi ha sempre detto di aver letto “Uno, nessuno e centomila” durante l’adolescenza e di esserne rimasta colpita tanto da voler trasformare il romanzo in uno spettacolo teatrale. Ha lavorato al progetto a più riprese e alla fine ne è uscito questo monologo. Quando mi cercò per sottopormi il progetto ne rimasi sinceramente colpito e affascinato e decisi di accettare».
Quanto è moderno l’uomo moderno (di quasi un secolo fa) dello scrittore siciliano?
«Tantissimo e lo vedo ogni volta, sera dopo sera nelle reazioni del pubblico. “Uno, nessuno e centomila” è un romanzo attualissimo, sembra scritto adesso. Oggi come oggi la stragrande maggioranza delle persone cerca di promuovere la propria immagine anche alterandola, cercando di nascondersi dietro una maschera; ecco le maschere pirandelliane, oggi sono i social, i profili e tanto di ciò che si trova in rete e ci circonda».
Perché questo romanzo è ancora così attuale?
«Il protagonista – dice Lo Verso – indossa una maschera suo malgrado, vive in un piccolo paese e quando decide di lasciarsi tutto alle spalle lo fa perché vuole essere visto e conosciuto semplicemente come Vitangelo Moscarda, ossia sé stesso. In un momento in cui tutti siamo ossessionati dall’immagine e dall’apparenza, questo testo è per me assolutamente attuale e “profetico”. Pirandello punta dritto alla centralità dell’individuo. Ci vuol coraggio per essere se stessi, tanto, ma bisogna riuscirci, e vincere le maschere».
Come descriverebbe lo spettacolo diretto dalla Pizzi?
«Più che uno spettacolo direi che è una chiacchierata con il pubblico. Nel corso del monologo ciascuno spettatore reagisce a ciò che vede come si sente e alla fine mi aspettano per confrontarsi con me con quello che ho provato nel portare in scena questo testo. Vogliono sapere cosa ne penso, come mi sento e cosa vivo affrontando questa storia. Sono entusiasti e per me è una grande soddisfazione».
Il pubblico risponde, lo dicono i numeri, quando ha capito che forse avreste fatto più di una decina di repliche?
«Il giorno dopo una replica in Puglia, sono andato in spiaggia e ho incontrato un ragazzo che mi ha chiesto una foto. Ha detto di essere venuto a vedere lo spettacolo, il teatro si trovava a sessanta chilometri di distanza da quella spiaggia, e di esserne rimasto profondamente colpito. In quel momento – conclude – ho capito che forse avevamo trovato la chiave di lettura giusta per portare in scena un testo spesso e ingiustamente etichettato come difficile e pesante. In scena si parla di vita e filosofia ma lo si fa in maniera leggera e fluida».